mercoledì 31 ottobre 2012

VENICE MARATHON

 






Autore: Ugo

Ho letto su Il Mattino che i partecipanti alla 27^ Venice Marathon sono stati definiti degli eroi (sportivamente parlando, s'intende).
Forse, a rivivere il ricordo delle emozioni e della sofferenza che ho provato correndo nel tratto di percorso tra il Parco di San Giuliano e Venezia, troverei più corretto ritenermi un pazzo che un eroe.
Non sapevo cosa significasse riuscire a terminare una maratona in condizioni normali, figuriamoci una come questa. Il fatto di non possedere alcun metro di confronto, però, si è rivelato un vantaggio psicologico determinante.
Già alla partenza si presagiva una giornata inquieta e subdola. La scorcio di Riviera davanti a Villa Pisani era impressionante. Atleti di ogni età provenienti da numerosi paesi che scaldavano i muscoli in attesa della gara o semplicemente si riparavano ai piedi del muro di cinta per sfuggire al vento tagliente e traditore che cercava di insinuarsi dappertutto, quasi a voler mettere in chiaro fin dall'inizio chi sarebbe stato, da solo o assieme a sorella acqua, il protagonista della giornata.
Sono partito assieme a Nicola, un mio caro amico di Tencarola, che ho incontrato in mezzo alla calca dell'ultima gabbia. Ho corso assieme a lui gran parte della maratona e grazie al suo sostegno nella parte finale sono riuscito a terminarla.
Il primo tratto di percorso, cioè fino a Mira, è stato una specie di collaudo fisiologico sulla capacità individuale di termoregolzione corporea. Leggeri spruzzi di pioggia venivano accompagnati talvolta da brevi raffiche di bora.
Per diversi km. ho corso con il gruppo delle 4h e 15m scambiando qualche impressione sia sul tempo che sulla possibile tattica di corsa con Roberto, una delle lepri.
Già a Marghera, attorno alla mezza, si presagiva un repentino cambiamento della situazione meteo. Il cielo diventava sempre più scuro ed il vento stava intensificando il suo disturbo ormai cronico. Una volta giunti a Mestre quello che dapprima era solo un presagio purtroppo diventava una cruda realtà. Una pioggia, fredda e penetrante accompagnata da un vento di bora continuo e sostenuto sembrava quasi spingerci indietro come per farci tornare da dove eravamo arrivati. Era come se ci volesse dire "Se oggi volete arrivare a Venezia dovete battervi fino all'ultimo contro di me".
I piedi non avevano più un collegamento nervoso con il cervello, procedevamo per forza d'inerzia rifrancandoci di tanto in tanto con il breve riparo che trovavamo dietro agli edifici. Ad un certo punto ho iniziato a sentire un forte fastidio al ginocchio destro. Non capivo se fosse solo una reazione condizionata dal freddo e dall'umidità o se realmente avessi un problema all'articolazione.
Quando siamo entrati al parco di San Giuliano ogni speranza di tregua o di pietà nei nostri confronti è definitivamente crollata.
Lì non esisteva nemmeno il sogno di un riparo e sia la  pioggia che il vento si erano ulteriormente intensificati. Il mio livello di energia stava pericolosamente avvicinandosi alla riserva, il fastidio al ginocchio si era trasformato in dolore e tendeva ad aumentare sempre più. E' stato a partire da questo momento che, fermandomi a massaggiarmi il ginocchio e a fare un po' di stretching, è iniziata la vera maratona. Quella che ti fà correre a denti stretti e che devi gestire con la forza di volontà, perchè solamente con il fisico non è più possibile.
Mi sono ripetuto che non potevo mollare proprio lì dopo tutta la strada che avevo già percorso. Con questa determinazione io e Nicola siamo arrivati fino al Ponte della Libertà. Idealmente ero pronto a tutto, ma non potevo minimamente immaginare cosa avrei trovato. Per riuscire a correre si doveva vincere la forza del vento e della pioggia sferzante che arrivava di fronte e di traverso sballottandoci continuamente come dei fuscelli. Ciò che mi dava più fastidio e che preoccupava di più, però, era la condizione del ginocchio. Il dolore stava aumentando progressivamente mentre la tenuta peggiorava, come la cadenza del passo, obbligandomi spesso a zoppicare.
In questo frangente è stato fondamentale l'incitamento del mio amico Nicola. Con il suo aiuto sono riuscito a scoprire energie (soprattutto mentali) che non avrei mai creduto di possedere.
Siamo riusciti a superare anche questo immenso ostacolo e finalmente siamo entrati a Venezia. Gli ho detto di proseguire, perchè dovevo fermarmi a valutare la condizione del ginocchio. Appurato che nonostante il dolore potevo farcela, mi sono convinto che da lì in poi non mi avrebbe fermato più nessuno. Avrei dovuto proseguire ad un ritmo molto blando, ma dovevo arrivare fino in fondo.
Nonostante il dolore insistente ho assaporato ogni singolo ponte, ogni singolo applauso, ogni singolo passo che mi faceva avvicinare al termine di quell'incredibile avventura. Quando ho visto il traguardo in lontananza mi sono emozionato come un bambino. Sentivo gli occhi inumidirsi ed il respiro diventare sempre più irregolare. Ero riuscito a terminare la mia prima maratona. E che maratona! Incredibile ed indimenticabile.
Complimenti a tutti i partecipanti. Un forte abbraccio a Patrizia e Stefania che hanno compiuto un'impresa memorabile tenendo alto l'onore delle ns. belle atletiche.
Ringrazio tutti coloro che ci hanno ricordato affettuosamente nelle loro mail.
Dedico un pensiero particolare ed un abbraccio speciale ad Elena, che per cause avverse non ha potuto essere con noi alla Venice Marathon.
Facci sapere a quale deciderai di partecipare, vedrai che riusciremo a fare un bel gruppo.
Un caro saluto a tutti e alla prossima.
Ugo

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