giovedì 11 agosto 2011

CAMIGNADA MISURINA-AURONZO

Un successo.
Si, lo possiamo dire. Sia da un punto di vista del gruppo, che si è ritrovato nonostante agosto, sia dal punto di vista atletico: 30 e passa chilometri a un'altezza che arrivava a 2500 metri con 1700 metri di dislivello totale.



E i nostri atleti si sono ritrovati alle 8 (tecnicamente il via è stato dato alle 8.15 per un problema ad una corriera che faceva laspola da Auronzo a Misurina portando i partecipanti).
Sparo. Via.


Mattinata da lupi, tutto sommato non era così freddo ma c'erano nuvole, umido e la notte aveva piovuto.


E questo è quello che scrive il Mattino della gara e di noi!

Articolo Camignada poi sie refugie 2011

6 commenti:

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  2. Ho scoperto che andare a Gallipoli in macchina è un po’ come fare la Camignada:quando oltrepassi il confine tra Molise e Puglia,ti dici:”Ormai è fatta.Ci siamo”,proprio come quando raggiungi il sesto rifugio,Rifugio Carducci (dopotutto si chiama Camignada dei SEI rifugi quindi è giustificabile aspettarsi di vedere il traguardo poco dopo il sesto,o no?!?). E ti rilassi.
    Beata ingenuità.
    Continuavo ad avanzare senza trovare traccia a sostegno della mia -sempre più flebile- convinzione e,allora,iniziai a covare il sospetto che qualcuno o qualcosa –un ente sovrannaturale non meglio definito,Belzebù,la Befana,mia madre,il governo,la segreteria didattica dell’università,gli alieni …- spostasse la meta sempre più in là man mano che proseguivo; più andavo avanti e più si allontanava l’arrivo o,peggio,forse non c’è proprio l’arrivo:è una chimera. “Cosa ho fatto per meritarmi questo?” e “Chi me l’ha fatto fare?” sono le due domande che si avvicendavano in un agone nella mia testa,senza trovar risoluzione;era uno scontro tra titani. Fece capolino l’ipotesi di essere su “Scherzi a parte”.
    La montagna non accennava a declinare né lo skyline di Auronzo a delinearsi all’orizzonte,a valle(anzi,a dire il vero non si vedeva nemmeno una valle);quella che mi avevano definito ‘super strada’ che da Brindisi avrebbe dovuto portarmi a Lecce mi ricordava la strada locale che percorrevo ogni giorno ad Abuja per andare a scuola -mancavano solo le bianche vacche smilze a bordo carreggiata- e tenevo acceso il navigatore senza seguire le sue indicazioni solo perché,ormai,lo consideravo l’unica forma di vita intelligente rimasta a farmi compagnia ed ero curiosa di vedere quante altre volte avrebbe ricalcolato il percorso o ingiuntomi di fare inversione a U prima di auto disintegrarsi.
    Ben presto smisi di domandarmi il perché di tutto questo e gli interrogativi esistenziali lasciarono il posto alle maledizioni universali. Ho odiato tutti;anche quelli che non conosco,che vivono dall’altro capo del mondo,che sono già morti o che devono ancora nascere. Sono stata più volte sul punto di fermarmi,mettermi a sedere a gambe e braccia incrociate (stile ‘Mastro Lindo’) e starmene lì con la mia rabbia verso il mondo che si stava palesemente prendendo gioco di me esasperandomi nonché con l’assurda quanto giustissima pretesa che Auronzo venisse da me dato che io,a differenza di Maometto,alla montagna c’ero andata.

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  3. Ma sapevo che,se mi fossi fermata,mai come in quella situazione,sarei stata veramente perduta. E,poi,io avevo un pensiero fisso più forte di qualsiasi tentazione di arrendermi:arrivare quanto prima mi fosse possibile per non far attendere troppo i miei compagni all’arrivo. La martellante,quasi angosciante,preoccupazione di farli attendere il meno possibile si è rivelata,assieme all’inconsapevolezza di cosa andavo a fare con cui ero partita,la mia salvezza;non solo mi ha permesso di trovare –non so dove,forse nelle tasche del kway- le energie per mettermi a correre come una disperata gli ultimi cinque chilometri e giungere nel pala ghiaccio cantando ‘La vida loca’ di Ricky Martin all'unisono con l'ipod,ma mi ha altresì impedito di avere paura in certi tratti ed aiutato a perdere la cognizione temporale. Non potevo credere di averci impiegato 7 ore perché erano volate senza farsi sentire.
    Ma le prove,per me,non erano finite lì. All’arrivo,ad attendermi,nessun volto amico. “Ecco;”ho pensato”lo sapevo:ci ho messo troppo e se ne sono andati”. Ho girato in lungo ed in largo il palazzetto rivoltandolo come un calzino;sono uscita più volte nel parcheggio sotto una pioggia scrosciante (ok;qui sto facendo un po’ di dramma),ma…niente. Dei miei compagni nemmeno l’ombra. La disperazione era dietro l’angolo;non avevo con me nulla,tutte le mie cose erano nel bagagliaio dell’auto di Federico:cellulare,chiavi,portafoglio,ricambio.. Inutile domandare a qualcuno la cortesia di farmi fare una telefonata ché,tanto,non conosco il numero di nessuno a memoria; non potevo acquistare nemmeno una bottiglia d’acqua per dissetarmi (maledetti spilorci;manco uncartone marcio di succo nel ‘pacco gara’,solo depliant sulle bellezze della montagnacome se piovesse),ma mi sarei anche solo accontentata di potermi fare la doccia giacché puzzavo in modo incostituzionale. Che fare? Non so suonare alcuno strumento tranne il campanello della mia olandesina,non so vendere rose,non so lavare i parabrezza delle auto,non conosco alcun numero di prestigio,non ho un cagnolino con cui intenerire i passanti,non possiedo una stampella per fingermi claudicante,i miei capelli non sono abbastanza lunghi per potermeli tagliare e venderli come Jo in ‘Piccole donne’…così scartai l’elemosina come mezzo di sussistenza ad Auronzo. L’unica cosa che so-mi dissi- è il numero del Telefono Azzurro 1.89.89,ma non sono nemmeno sicura che esista ancora,il Telefono Azzurro (a proposito:esiste?).
    Credo che tutte le persone presenti al pala ghiaccio avessero intuito la mia commiserevole situazione e stessero avviando le pratiche diadozione collettiva.

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  4. Mi sono vista la vita passare davanti. La piacevole serata trascorsa in rifugio sembrava solo un ricordo lontano: la delizia dell’arrosto e dello spezzatino mangiati,le paciole,le partite a carte,i canti di montagna nella sala accanto,il rischiato incidente diplomatico per aver sbagliato stanza,i due gioviali estranei compagni di stanza pieni di alcol fino a tracimarne dagli orifizi auricolari,le diverse modalità di russare che quest’ultimi mi hanno permesso di apprezzare nel corso della notte passata insonne (e qui devo spezzare una lancia a favore di Alberto,su cui avevo sentito raccontare cose terribili in merito a quanto russasse:tutte fole;io invece,per parte mia,ho avuto il mio ruolo di disturbatrice notturna grazie al bracciale con i pendagli che non mi ero tolta e che ha GIOIOSAMENTE tintinnato per tutto il tempo come i campanellini di un lebbroso)... Volevo salire sul palco delle premiazioni,afferrare il microfono ed urlare:”Vergognatevi. Non lo sapete che l’istigazione al suicidio è reato?”,sicura che ci fosse qualche mente diabolica dietro a tutta quella congiura. Mi ero fatta piccina piccina,tutta rannicchiata ed incurvata nella mia tristezza,quando,finalmente:la luce,la vita! Mai provata una felicità tanto grande quanto quella arrecatami dalla visione delle quattro sagome di Alberto,Andrea,Christian e Federico; mai,nemmeno quando trovavo pezzi di versione già tradotte nel vocabolario o quando sono riuscita a completare il giochino di rally alla Play Station (sono soddisfazioni) o quando mi accaparrai da Ricordi la gigantografia cartonata di Robbie Williams (grazie ad una sistematica campagna quotidiana di terrorismo psicologico nei confronti dei commessi).
    Penserete che sia finita qui,così:happy end,tutti tornarono a casa felici stremati e contenti. Più o meno. Mi mancava l’ultima prova:la doccia. Pensate alla cosa più gelida che vi può venire in mente. Fatto? Ecco. Quella doccia era più fredda. L’avventura si è dunque conclusa con uno strillato PORCA ZOZZA (bugia;è stato un altro il sacramento che ho urlato a pieni polmoni) e la certezza che tutta l’esperienza fosse stato un complotto internazionale ordito per uccidermi. Ormai non mi ammazza più niente.

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  5. Mi sono presa della sprovveduta a causa della mia totale mancanza di preparazione atletica per un simile cimento. In effetti,la mia unica prestazione con del dislivello è stata la Cortina-Dobbiaco a giugno. Se si può definire ‘dislivello’ una pendenza di 300mt spalmata su 15 km. Ma io sono così:io vado,allo sbaraglio. Senza ambizione in fatto di tempi,con la sola voglia di mettermi alla prova in esperienze che,se non mi venissero proposte dal gruppo non mi ardirei mai a fare,e l’obiettivo di finire senza ammazzarmi. Dopotutto sono in salute e,senza la pretesa di voler strafare,posso arrivare dappertutto. Inoltre,le gambe non possono niente,se non c’è la testa. “Le gambe vanno dove le porta la testa” ed in questo caso,a mio avviso,la resistenza psicologica ha giocato un buon 85%. La montagna può farti andare via di testa. (Ed i personaggi con le racchettine da nordic walking che ti superano correndo senza badare che non ti abbiano infilzata con i loro luridi bastoni,ancora di più)

    Ammetto che non avevo la benché minima idea di quanto andavo ad affrontare. E’stato meglio così. Se avessi saputo o anche solo sospettato,non ce l’avrei fatta. L’incoscienza e l’ignoranza sono spesso un gran vantaggio.”Pathei mathos”,dicevano i Greci;sapere è soffrire.Sarei indubbiamente stramazzata a terra priva di sensi e di speranza,se avessi saputo quanto era ancora lungo e pericoloso il tratto che mi rimaneva da percorrere dopo il Rifugio Carducci. Chissà perché,poi,non lo hanno chiamato Rifugio Apollo13,visto il paesaggio lunare;la bassa nuvola che lo avvolgeva quando l’ho raggiunto io,gli conferiva un’aria ancor più spettrale e mi sono sentita un po’ Heatcliff di ‘Cime tempestose’,ma anche un po’Cochi e Renato con la loro nebbia in val Padana. Da quel punto in poi ho proseguito da sola per un bel pezzo,cioè senza scorgere anima viva né dietro di me né davanti a me nemmeno sottoforma di lontano e minuscolo puntino. Peccato;mi ero quasi affezionata alle due cinesine racchette-munite con cui ho condiviso lunghi tratti di cammino (due cinsesine originarie di TAI di Cadore…e da dove potevano venire,sennò?!?).
    Ma,tanto,ero tutta presa nel discendere facendo surf (potevo sentire i Beach Boys che mi accompagnavano cantando in sottofondo; penso che potrei venire scritturata per il sequel di ‘Un mercoledì da leoni’),se non che,a causa di qualche passo falso,per mantenermi in equilibrio,dovevo dare dei colpi di anca da far impallidire Ricky Martin.

    Tornata a casa,sono rimasta visibilmente sconvolta e turbata per qualche giorno,deprecando la tracotanza e la superbia del genere umano che pretende di fare qualsiasi cosa ed andare ovunque sfidando i propri limiti ed in barba a quelli posti dalla natura………….. ma la verità è che,se non altro per lo spezzatino e l’arrosto,mi sa che l’anno prossimo ci ritorno.
    Perché,come ho sentito,una volta,Anna parlare con Federico riguardo a non so che percorso:”E’pericoloso?” “Sì” “Ah….. allora andiamo!”

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  6. Bel racconto breve. Hai un talento nascosto (nemmeno tanto a dire la verità) da curare e sviluppare. Interessante la contaminazione di esperienze in luoghi diversi tra loro, accomunati nella mente dell'autrice dall'analogo stato emotivo vissuto e percepito. E' questa la chiave di volta presente come un filo di congiunzione, in modo molto marcato inizialmente e poi via via in maniera più flebile man mano che la narrazione prosegue.
    Hai altri racconti? Scrivine a seconda delle esperienze che vivi quotidianamente o che ritrovi nella tua memoria e raccoglili per proporli per la pubblicazione. Potrebbero riservarti grandi soddisfazioni!
    Best wishes fla, be patient, follow your dreams and we hope to read you soon.

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